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Come ampiamente descritto nei capitoli precedenti, la crioterapia agisce inducendo tramite basse temperature la morte delle cellule tumorali. Questo si traduce, localmente, in un danno diretto cellulare e tissutale a carico della massa tumorale. Al di là del danno in sé, i primi rapporti sugli effetti della crioterapia in oncologia chirurgica redatti negli anni '50 suggerivano già che il trattamento potesse essere responsabile anche del cosiddetto "Abscopal Effect", un meccanismo di danno indiretto e sistemico nei confronti delle cellule neoplastiche [1]. Secondo queste teorie, la crioterapia sarebbe in grado di esporre al sistema immunitario dell'ospite una serie di antigeni tumorali, suscitando risposte immunitarie specifiche verso il tumore. Pertanto, oltre alla sua capacità di indurre un danno locale, la crioterapia potrebbe essere vista anche come uno strumento di immunizzazione in vivo, capace di aumentare le risposte immunitarie antitumorali sistemiche del paziente [2, 3]. La criochirurgia non è l'unico approccio terapeutico che possa indurre una massiccia distruzione cellulare in un breve periodo di tempo, ma per sua natura è anche in grado di preservare le caratteristiche morfologiche del tessuto bersaglio anche dopo necrosi cellulare. Sebbene altre terapie termiche e ablative siano in grado di provocare un rilascio in situ di antigeni tumorali, la crioablazione si distingue dalle altre per la sua capacità di mantenere intatte le strutture antigeniche che possono così essere identificate, intatte, dal sistema immunitario [2, 4]. In questo capitolo riportiamo una panoramica riguardo l'immunizzazione crio-indotta, insieme a un breve riassunto delle sue implicazioni attuali e future nel panorama operativo.

MECCANISMI DI IMMUNIZZAZIONE
Una volta che una massa tumorale è sottoposta a temperature estremamente basse, soprattutto in caso di ripetuti cicli di gelo-disgelo, le sue cellule sono inevitabilmente esposte ad un alto rischio di apoptosi o necrosi crio-indotta. In caso di danno cellulare massivo, dopo l'ultima fase di scongelamento, una grande quantità di detriti cellulari e molecole pro-infiammatorie vengono rilasciate nel tessuto trattato, favorendo l'arrivo e l'attivazione dei globuli bianchi provenienti dal flusso sanguigno e delle cellule dendritiche reclutate dai tessuti limitrofi. Queste condizioni sono necessarie all'attivazione dell'immunità sia umorale che cellulare. La morte cellulare in situ è un prerequisito per lo sviluppo di risposte immunitarie [5]. Macrofagi e cellule dendritiche accorsi nell'area presentano sulla loro superficie i Recettori TollLike(TLR) che presentano corrispondenza con le molecole aberranti delle cellule tumorali danneggiate. I globuli bianchi possono avere TLR superficiali,che generalmente riconoscono lipidi o proteine esposte sulla superficie del tumore, o TLR intracellulari, che corrispondono agli acidi nucleici mutati. Il legame tra recettore e ligando innesca nei macrofagi e nelle cellule dendritiche una transizione metabolica che porta all'attivazione del loro stato immunogenico. Ciò si traduce nella produzione di interferoni di tipo 1 (IFN) e mediatori infiammatori, che effettuano risposte citotossiche immunitarie delle cellule T [6]. Le intense risposte delle cellule T specifiche per il tumore, con aumenti sistemici delle cellule T CD4+ e CD8+ e delle cellule natural killer (NK), sono state ampiamente studiate in modelli murini [7, 8]. Lo studio clinico condotto da Kato e coll. su pazienti con cancro renale ha mostrato maggior tasso di infiltrazione di cellule presentanti l'antigene (APC), espansione clonale e rimodellamento del pool di cellule T intratumorali. La necrosi che si verifica dopo la crioablazione provoca il rilascio nella matrice extracellulare di antigeni citoplasmatici, che possono diventare il bersaglio del sistema immunitario del paziente [9]. L'identificazione di antigeni neoplastici attiva le cellule dendritiche, che a loro volta presentano l'antigene stesso alle cellule dell'immunità acquisita: linfociti B, T e Natural Killer (NK) [10]. Questi ultimi in particolare possono essere attivati mediante particolari anticorpi per la presenza dei recettori CD16/Fc?RIIIa, fondamentali nell'attivazione della cosiddetta "Citotossicità cellulo-mediata dipendente da anticorpi (ADCC)" [11]. è stato scoperto che la crioablazione migliora l'azione delle cellule NK nei confronti delle cellule neoplastiche, promuovendo sia l'azione citotossica diretta che l'ADCC indiretta [11]. Inoltre, i trattamenti crioablativi possono indurre uno stato infiammatorio che richiama in sede numerosi linfociti T?d che possono svolgere un ruolo citotossico senza necessità dell'attivazione del complesso MHC/HLA. Cloni specifici di cellule T che erano scarsi o assenti prima della crioablazione possono diventare predominanti dopo l'ablazione. Molti di questi cloni di cellule T sono stati riscontrati anche nel sangue periferico, suggerendo l'insorgenza di risposte immunitarie sistemiche a seguito dall'ablazione [1, 12]. Nel complesso, queste evidenze dimostrano come la crioablazione evochi risposte immunitarie specifiche del tumore rilasciando antigeni tumorali nello spazio extracellulare.

EFFETTI TERAPEUTICI E USI DELLA IMMUNIZZAZIONE CRIO-INDOTTA
Solo di rado casi di pazienti oncologici hanno mostrato una regressione immuno-mediata di metastasi non trattate dopo l'applicazione locale di crioablazione [1]. L'immunizzazione crio-indotta può essere ottenuta soprattutto in quei pazienti che vengono trattati senza l'immediata rimozione della neoplasia. Infatti, casi che ricevono una resezione completa della massa tumorale subito dopo la crioterapia non consentono l'attivazione del sistema immunitario acquisito nei confronti dei bersagli intracellulari rilasciati dalle cellule neoplastiche che vengono invece rimosse dal sistema. D'altra parte, i casi trattati con crioterapia per il controllo locale della malattia, principalmente nelle lesioni metastatiche o per scopi palliativi, potrebbero teoricamente beneficiare dell'attivazione del sistema immunitario dei pazienti nei confronti di ciò che resta del tumore nel corpo del paziente. Alcuni rapporti preliminari hanno suggerito che si possa ottenere una remissione spontanea immuno-mediata delle metastasi dopo l'ablazione dei tumori primari [13]. è stato dimostrato in un modello murino che la crioablazione consente lo sviluppo di risposte mediate da cellule T [1, 7, 14]. Tuttavia, nonostante alcuni risultati incoraggianti, l'Abscopal Effect della crioterapia spesso non è sufficiente a indurre da sola la regressione del tumore, specie se non associato ad altri trattamenti locali o sistemici [15-17]. Al fine di massimizzare l'efficacia dell'immunizzazione crio-indotta e aumentare la probabilità che porti benefici tangibili per i risultati clinici dei pazienti, alcuni studi hanno raccomandato l'associazione della crioablazione con immunoterapie locali o sistemiche [1]. Studi che prevedevano l'impiego di crioablazione associata a TLR9-agonisti o anti-CTLA-4 in modelli murini di melanoma hanno mostrato notevoli miglioramenti nella sopravvivenza, indicando un possibile effetto sinergico delle due terapie [1, 18, 19]. La crioablazione locale e la somministrazione sistemica di anti-PD-1 hanno portato a risposte immunitarie antitumorali e ritardato la crescita tumorale di tumori a distanza non trattati in un modello di carcinoma a cellule renali [20]. Pazienti con carcinoma basocellulare trattati con imiquimod, un agonista TLR7/8, e crioablazione hanno avuto un tasso di recidiva inferiore al 10% in uno studio di follow-up di 5 anni [21]. Risultati simili sono stati riportati da uno studio clinico che ha impiegato, insieme alla crioablazione, anti-CTLA-4 e anti-PD-1 in pazienti con cancro al seno [22]. Sono stati osservati effetti sinergici anche in pazienti con tumori polmonari, renali ed epatocellulari che avessero ricevuto crioablazione e trasferimenti allogenici di cellule NK [23-25]. Infine, la crioterapia locale è stata anche associata alla somministrazione di molecole di idrogeno allo stato gassoso, note per stimolare la coattivazione del PGC-1a, favorendo così la funzionalità dei linfociti T CD8+ con risultati promettenti in termini di sopravvivenza globale dei pazienti [26]. Finora, da un punto di vista clinico, l'uso sinergico della crioablazione e della chemioterapia o della radioterapia è stato utilizzato principalmente per casi affetti da carcinoma del colon-retto metastatico o sarcomi addominali [27-29]. Nel 2015 Di Staso e collaboratori hanno testimoniato un netto miglioramento del dolore nel 72% dei casi con metastasi ossee trattate sia con radioterapia che crioablazione; un tasso significativamente più alto rispetto a coloro che avevano ricevuto solo crioablazione (32%) o radioterapia (11%). Gli autori hanno attribuito questo risultato al fatto che la crioablazione potesse aumentare l'ossigenazione dei tessuti bersaglio, rendendoli più sensibili alla terapia radiante nelle settimane successive [30]. Ulteriori prove dell'efficacia della crioterapia in oncologia ortopedica sono state fornite da Tsuchiya e dalla sua equipe dell'Università di Kanazawa. Questi, in considerazione del noto Abscopal Effect della crioterapia nei confronti delle neoplasie ossee secondarie, hanno trattato vertebre tumorali mediante spondilectomia totale en bloc ed hanno ottenuto oncologici incoraggianti, in parallelo ad un aumento dei livelli sierici di INF-? e IL-12 a testimonianza dell'insorgenza in un'immunità antitumorale post-intervento [31-33].

DIREZIONI FUTURE
La risposta immunitaria antitumorale successiva a crioablazione può essere associata a varie forme di immunoterapia. Gli aspetti più importanti da tenere in considerazione includono il tipo di tumore, la sua diffusione e la modalità di somministrazione della eventuale crioterapia [1]. Nella pratica futura, i pazienti che verranno trattati con crioterapia ed immunoterapia dovrebbero essere stratificati in base al loro stato immunitario tumorale in tumori caldi (infiammati), tumori intermedi (immunosoppressi/nicchiati) e tumori freddi (non infiammati) [1, 34]. I tumori caldi, caratterizzati da un elevato carico mutazionale e da un'infiltrazione cellulo-mediata, hanno maggiori probabilità di rispondere alla crioablazione e all'inibizione del checkpoint. I tumori freddi, invece, avranno generalmente uno scarso infiltrato infiammatorio e sono generalmente refrattari alle immunoterapie [35]. In questo scenario, sia la crioterapia open che la crioablazione potrebbero svolgere un ruolo ausiliario o addirittura paritario alla chemioterapia sistemica o alla radioterapia locale nel trattamento di lesioni metastatiche o lesioni diffuse in cui non fosse possibile ottenere immediatamente la resezione chirurgica completa.

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